Non è la prima volta che l'amministrazione finanziaria si pronuncia in merito al regime fiscale applicabile all'assegnazione dei beni ai soci di società di persone in seguito allo scioglimento della stessa. Nella circolare n. 54/02 (espressamente richiamata dal comitato nel parere in oggetto) era stato infatti richiesto di conoscere le conseguenze fiscali derivanti dall'impossibilità di proseguire l'attività in forma societaria, nel corso dell'anno, di una società di persone in ipotesi quali la mancata ricostituzione della pluralità dei soci e, più in particolare, di chiarire:
(I) se l'operazione configura la nascita di un'impresa individuale con conseguente emersione di una plusvalenza in capo alla società di persone che cessa di esistere;
(II) se, al contrario, si configura una sorta di reddito di partecipazione in capo al socio superstite e il conseguente trattamento fiscale delle somme percepite dagli altri soci.
In quell'occasione l'Agenzia aveva ritenuto che lo scioglimento della società di persone a causa della mancata ricostituzione della pluralità dei soci non desse luogo ad alcuna emersione di plusvalenza imponibile in relazione ai beni oggetto dell'attività d'impresa a condizione che il socio superstite:
• |
continui l'attività sotto forma di ditta individuale; |
• |
mantenga inalterati i valori dei beni. |
In quel caso quindi il mancato assoggettamento a tassazione non condizionava la legittimità fiscale dell'operazione mentre nel caso affrontato dal Comitato l'operazione è considerata non elusiva anche perché non si genera alcun risparmio di imposta. In caso contrario avrebbe trovato applicazione l'art. 37-bis del dpr n. 600/73 che prevede l'inopponibilità all'amministrazione finanziaria degli atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti a aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.
L'amministrazione finanziaria in tal caso disconosce i vantaggi tributari conseguiti e applica le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento elusivo.
Per quanto concerne invece la somma percepita dai soci uscenti, la circolare inquadrava tale importo tra i redditi di capitale limitatamente alla parte che eccede il costo d'acquisto delle quote.
Diverso il trattamento fiscale applicabile al socio superstite che, proseguendo l'attività commerciale in qualità di imprenditore individuale, continuerà a produrre reddito d'impresa restando comunque "esclusa l'ipotesi di un eventuale inquadramento di detto reddito come reddito di partecipazione, data la liquidazione della società preesistente".
Autore: Francesco Pau
Fonte: ItaliaOggi Sette